Martedì, 11 Luglio 2017

“Autonomia? Parliamone”, fino all’8 luglio in Biblioteca Comunale, a Trento

BORGONOVO RE, “LA DIMENSIONE DELLA MONTAGNA HA AVUTO SIGNIFICATO PER LA NOSTRA AUTONOMIA?”

“Dove va la montagna?”, questo il titolo dell’incontro alla Biblioteca Comunale di Trento, il 6 luglio, con Donata Borgonovo Re. “L’iniziativa – ha detto Matteo Cosulich in apertura – è promossa dalla Consulta per la riforma dello Statuto come occasione per approfondire alcuni temi che riguardano l’autonomia e lo Statuto. C’è la possibilità oggi di far nascere una riforma dello Statuto sulla base degli interessi, delle posizioni e delle aspettative della comunità trentina. In questo quadro, il tema di questa stasera è particolarmente significativo perché la nostra specialità si radica anche nella dimensione alpina, nella tradizione di autonomia locale molto sentita in queste terre e negli istituti tipici della montagna: le proprietà collettive, le regole, gli usi civici”.

Donata Borgonovo Re ha affrontato il tema dell’autonomia speciale partendo dalla dimensione geografica e culturale che radica nei territori di montagna. “È vero che siamo un territorio alpino ma se andate a guardare il nostro Statuto di autonomia non trovate molti riferimenti al riguardo. Vi propongo tre passaggi stasera. Il primo, a partire da una frase di Sergio Reolon che si chiede: se la montagna frana a valle cosa accade? Il franare a valle di una montagna dimenticata non porta solo alla perdita di straordinarie culture, saperi, mestieri che si sono formati nei secoli attraverso le genti e la fatica del vivere in situazioni di incertezza e di difficoltà ambientale. Lo spopolamento delle terre alte è un fenomeno dalle forti ripercussioni sociali, culturali e ambientali. Per cui disinteressarsi alle sorti delle terre alte comporta a cascata danni anche per la pianura. C’è una frase, attribuita a Rigoni Stern, - ha proseguito Donata Borgonovo Re - che dice «quando anche l’ultimo montanaro se ne sarà andato dalle Alpi, le ortiche invaderanno Piazza San Marco». Se i territori di montagna non sono presidiati da comunità che li abitano, li mantengono e li utilizzano adeguatamente anche la pianura pagherà dazio. Nel nostro ordinamento la montagna, che pure appartiene alla geografia del nostro paese coprendo un’area vastissima, è ricordata in un piccolissimo passaggio della Costituzione, all’art.44, in cui si legge – con riferimento alla gestione del suolo – “la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane”. Un accenno che ricorda a tutti noi che esistono le montagne e rinvia al legislatore il compito di occuparsene”.

“Il legislatore – ha continuato Borgonovo Re - se n’è occupato nel 1952 con la legge sulla montagna. Proprio in quegli anni, quando il Parlamento ha cercato di introdurre alcune norme a tutela dei territori montani, si sono verificate le grandi e tragiche migrazioni dalle montagne. Gli anni ’50 e ’60 sono gli anni dello spopolamento delle valli piemontesi raccontato in un capito dello straordinario reportage “Il mondo dei vinti” di Nuto Revelli. Questi temi forse, per il Trentino di oggi, sono antropologicamente interessanti ma distanti. Negli anni ’70 c’è poi stata questa invenzione delle comunità montane quali aggregazioni politico-amministrative vicine ai territori. Un’esperienza che ha operato per molti anni sul nostro territorio talvolta con risultati efficaci, talaltra meno. C’è un passaggio che vorrei trarre dal libro di Reolon, che è stato presidente della Provincia di Belluno e, per anni, si è adoperato per costruire una reale attenzione politica per le necessità dei territori di montagna. In questo passaggio Reolon ci dice: la provincia di Belluno, in Veneto, conta e pesa 210 mila abitanti su 4 milioni e mezzo (dati del 2012). Non va meglio alla provincia di Sondrio, in Lombardia, che conta e pesa 180 mila abitanti su 9,5 milioni. Questo è il peso reale di due realtà montane sul piano politico delle Regioni di appartenenza. Ai bellunesi viene trasferito, secondo un meccanismo di proporzionalità, il 4,6% delle risorse regionali. Analoga sorte alla provincia Verbano-Cusio-Ossola, in Piemonte, e Sondrio in Lombardia. Con il 4,6% delle risorse la provincia di Belluno deve realizzare e mantenere infrastrutture, assicurare la difesa del suolo, garantire servizi accessibili su un territorio che non è il 4,6% della Regione Veneto ma è il 20% del territorio regionale. Ed è un territorio montano caratterizzato da una difficoltà di comunicazione e distribuzione di luoghi antropizzati (passi, pascoli, strade, etc). Reolon diceva che se vogliamo garantire politiche adeguate alle zone montane e intervenire per arginare quello spopolamento delle terre alte, occorre riconoscere innanzitutto la specialità, la diversità di questi territori e quindi garantire loro non solo risorse economiche ma anche strutture politiche e decisionali adeguate a rispondere a quella specialità e a quella diversità”.

Il ragionamento proposto da Donata Borgonovo Re inquadra così il tema dell’autonomia speciale. “Enrico Camanni – nel libro “La nuova vita delle Alpi” - dice: l’impoverimento e lo spopolamento delle Alpi non sono naturale conseguenza del carattere severo dell’ambiente alpino. Sono piuttosto il risultato dell’isolamento politico ed economico che, anziché correggerle, tende ad esaltare le negatività ambientali. Qui vengono in mente le riflessioni di Annibale Salsa quando dice che, storicamente, le montagne hanno avuto un ruolo di cerniera nelle comunità, tra i luoghi geografici e i luoghi politici, fino alla nascita degli stati nazionali. Questi territori di montagna sono stati caratterizzati da una capacità di autogoverno che altri territori non hanno mai avuto. La dimensione di autogoverno dei territori alpini è stata fondamentale. Nel momento in cui i territori montani hanno perduto la responsabilità di decidere e di gestire il loro territorio, le montagne si sono via via impoverite e spopolate”.

Ricordando il referendum del 2005 del Comune di Lamon che chiedeva di passare alla Provincia autonoma di Trento, con grande partecipazione degli abitanti, Borgonovo Re ha detto che “la motivazione era profonda. Ricordo che Lamon aveva 7413 abitanti nel 1951, nel 2001 erano crollati a 3411. C’è quindi chi l’ambiente lo nutre, lo alimenta e lo vive. Conoscerete forse la storia di Agitu, la pastora etiope che ha iniziato il suo lavoro di allevamento delle capre e di produzione casearia, prima in Val di Gresta, adesso in Val dei Mocheni. Agitu ci mostra la possibilità di questi territori. «Le terre alte alpine tornano al centro di esperienze che svelano una nuova idea di montagna. Non più un luogo marginale, appendice dimenticata o imbalsamata per il godimento turistico urbano, ma realtà dotata di vita propria, innovativa, capace di dare senso a nuovi e alternativi progetti di vita». Sono parole di Mauro Varotto, in un libro curato dal CAI che propone un piccolo censimento di esperienze, per lo più di giovani che sono approdati a vivere in montagna”.

“Per arrivare ai lavori della Consulta – ha proseguito Donata Borgonovo Re -, vi propongo un passaggio che riguarda le Alpi quale laboratorio d’Europa. Per vivere questi territori così complicati noi abbiamo uno strumento che ne ha favorito e semplificato la vita. Questo strumento si chiama Autonomia speciale. Sappiamo tutti che l’Autonomia speciale della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol nasce con l’accordo Degasperi-Gruber e sappiamo che tale accordo parte dalla necessità di garantire tutela e pari dignità ad una minoranza linguistica, inserita in questo territorio. L’origine storica della nostra Autonomia speciale trova la sua legittimazione in questa necessità di accogliere insieme, su un territorio variegato, due comunità. Lo Statuto del ’48 disegna la relazione delle due comunità dentro la dimensione regionale. Nel ’72 si approda a un secondo Statuto che dà risposta ad un rischio di lacerazione tra le due comunità garantendo il trasferimento delle risorse e delle funzioni amministrative e legislative perlopiù alle due Province autonome, dentro una cornice regionale. Cos’è successo dal ’72 ad oggi? La dimensione della montagna ha avuto significato per la nostra autonomia? Sicuramente sì, perché ciò che ci viene riconosciuto – da chi studia e analizza questi temi - è che Trento, Bolzano, insieme alla Valle d’Aosta - realtà con autonomia speciale e territorio montano -, hanno saputo attivare percorsi che hanno garantito sviluppo economico, ricchezza, benessere diffuso e una qualità di vita molto alta alle comunità. Questa nostra autonomia speciale, nel tempo, ha visto crescere una serie di strumenti che riconoscono sempre maggior attenzione alla particolarità del territorio montano in cui si colloca. Alcuni esempi, in una dimensione di rete. L’Euregio, una realtà che a partire dal 2009 comprende i tre territori contermini del Trentino, Alto Adige Sudtirol e Tirolo. L’Euregio ha adottato nel corso degli anni una serie di mozioni e di risoluzioni sul territorio alpino molto interessanti. Le mozioni dell’Euregio hanno immaginato un modello di sviluppo della nostra montagna incardinato su alcuni pilastri fondamentali: uno di questi è l’agricoltura, in una dimensione di sostenibilità e biodiversità. L’Euregio ha anticipato di un decennio quello che poi finalmente l’Europa si è decisa a fare. A maggio 2016 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione sulla coesione dei territori di montagna. Quello che il Parlamento Europeo ha chiesto con questa risoluzione è che la Commissione e gli Stati membri elaborino un Libro Bianco sulle montagne europee per poter aiutare l’Europa a predisporre un’agenda di politiche per le montagne. La costruzione del Libro Bianco, e poi dell’agenda, il Parlamento Europeo chiede che venga fatta insieme alle comunità che abitano i territori di montagna. Altri strumenti: i GAL (Gruppi di Azione Locale) in Italia sono 196, in Trentino ne abbiamo 2 – quello del Trentino Centrale e quello del Trentino Orientale – e sono strumenti che dovrebbero aiutare le comunità, mettendo insieme - nei tavoli partecipati - i rappresentanti delle istituzioni ma anche i cittadini, le loro associazioni, le cooperative, le realtà del volontariato per disegnare politiche territoriali. I GAL hanno il compito di far emergere ciò che già esiste sul territorio ma che spesso è frammentato, non è supportato e rischia di consumare energie in progettualità che avrebbero bisogno di essere messe in rete. Inoltre, perché anche la dimensione delle buone prassi non si asciughi, è lo stesso Reolon a dire che serve una visione politica d’insieme che riesca a promuovere uno sviluppo coerente della montagna”.

In chiusura alcune domande delle persone in sala – sul tema della Regione, dell’Euregio, delle differenti prestazioni economiche del Trentino e dell’Alto Adige, delle dinamiche con la Convenzione e, riguardo la montagna, all’ipotesi di pensare “come sarà”.


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