Martedì, 11 Luglio 2017

“Autonomia? Parliamone”, dal 3 all’8 luglio alla Biblioteca Comunale di Trento

LEONARDI, “CIO’ CHE RENDE EFFICACE UN ASSETTO DI NATURA ISTITUZIONALE E’ IL CAPITALE SOCIALE SOTTESO ALLE ISTITUZIONI”

Andrea Leonardi alla Biblioteca Comunale di Trento, il 7 luglio, ha proposto un intervento su “Cooperazione e autonomia”, introdotto da Paolo Chiariello, componente della Consulta per la riforma dello Statuto. L’incontro fa parte dell’iniziativa “Autonomia? Parliamone”, dal 3 all’8 luglio: sei appuntamenti per approfondire alcuni temi legati all’Autonomia speciale del Trentino Alto Adige/Südtirol.

Nel suo intervento Andrea Leonardi, docente di Storia Economica all’Università di Trento, ha messo in evidenza i nessi tra lo sviluppo della cooperazione in Trentino e l’autonomia di cui la provincia gode. “Tema importante – ha detto Chiariello in apertura – anche per giustificare la persistenza delle ragioni che consentono ancora oggi di ritenere che l’autonomia trentina non sia un istituto superato. Le genti trentine, essendo genti di montagna, hanno una peculiarità che riguarda l’articolazione dei soggetti intermedi. Questa capacità dei trentini di associarsi per risolvere i problemi è un motore della capacità di autogoverno locale. Alexis de Tocqueville, quando scrisse “La democrazia in America”, nel 1835, diceva una cosa che in qualche misura può essere accostata alle tradizioni dei nostri territori. Diceva che in Europa, in Francia, quando vi è un problema i cittadini si rivolgono allo Stato, in America i cittadini si associano. Questa caratteristica - che per Tocqueville era fondamentale per la capacità di autogoverno degli americani, a partire dai loro Comuni, dalle Contee, dai singoli Stati –si è manifestata anche in Trentino, in materia di impresa, attraverso quella forma peculiare che è il cooperativismo”.

“Vorrei proporre una riflessione a partire dal pensiero di due economisti illustri: Douglass North – Premio Nobel per l’economia nel 1993 - e Elinor Ostrom, vincitrice del Premio Nobel nel 2009. Cosa dice Douglass North? North sostiene – ha osservato Andrea leonardi - che nel complesso percorso che le diverse aree del mondo compiono verso il raggiungimento dello sviluppo, hanno un ruolo di fondamentale importanza le istituzioni. A parità di altri requisiti, a fare la differenza è l’assetto istituzionale di un territorio. Un assetto istituzionale può incoraggiare e sostenere la traiettoria di sviluppo. La ricerca di Elinor Ostrom che cosa mette in rilievo? Mette in rilievo l’importanza delle aggregazioni comunitarie e dice che le aggregazioni che sorgono dal basso, a volte, risultano più efficaci di ciò che viene emanato dall’alto. Vorrei porre l’attenzione sull’importanza di cogliere come l’assetto istituzionale, nello specifico quello autonomistico, abbia una serie di addentellati con una determinata traiettoria di sviluppo, che lo può rendere estremamente efficace o meno. Nel nostro territorio ciò che qualifica l’affermazione di un determinato tipo di assetto istituzionale, quello di natura autonomistica, affonda le proprie radici nel medesimo humus in cui nasce l’espressione più profonda del cooperativismo: un mutualismo che opera in un contesto di solidarietà. A mio avviso va evitato un assioma che molto spesso viene sottolineato, e sta a cuore ai giuristi, i quali sottolineano che l’Autonomia è legata ad un determinato impianto di natura normativa. Ciò non corrisponde alla realtà, se noi la esaminiamo dal punto di vista della sua organizzazione economica. Con riferimento al Trentino, non si può dire che il benessere generalizzato è il frutto delle norme emanate in sede costituzionale nel 1948. Se non si considerasse, infatti, che quelle norme si inseriscono in un contesto che era abituato all’espressione di autogoverno, non si coglierebbero le ragioni del successo che l’Autonomia è stata in grado di conseguire”.

Ricordando un convegno internazionale organizzato in Trentino nel 2014, sui temi delle istituzioni autonomistiche e dello sviluppo territoriale, Leonardi ha richiamato i risultati delle 5 Autonomie speciali. “Le istituzioni camminano con le gambe di donne e uomini che costituiscono le singole società. Dunque ciò che rende efficace un assetto di natura istituzionale è il capitale sociale sotteso a queste istituzioni. Se non c’è un capitale sociale solido – ha detto Leonardi – anche le migliori istituzioni possono fallire. Facendo una riflessione di lungo periodo, vorrei sottolineare come queste istituzioni trovino modo di esprimersi con efficacia, al pari di come è risultata efficace l’azione del mutualismo operato in un clima solidale, nella cooperazione. Le istituzioni, nello specifico quelle autonomistiche, a quali obiettivi intendono rispondere? A cosa mira un’istituzione di carattere territoriale? A risolvere una serie di problemi che sono quelli vissuti da chi opera in un determinato ambiente, in un certo momento storico. Risultano più efficaci le istituzioni legate ad un assetto centralistico o piuttosto quelle autoprodotte da un determinato territorio? Risulta più efficace ciò che è espresso come emanazione dall’alto o ciò che è espressione di ciò che la gente vuole realizzare? Prendiamo l’area alpina, caratterizzata da un difficile rapporto tra risorse e popolazione. La necessità per chi vive in montagna è di utilizzare al meglio le risorse che sono disponibili, al fine di avere una vita dignitosa. Ciò che qualifica le aree alpine è far emergere la volontà collaborativa al fine di risolvere localmente una serie di problemi. Il concetto di autoaiuto è posto a base della cooperazione matura, nella sua matrice inglese e tedesca: soggetti che si mettono insieme perché devono affrontare problemi che li coinvolgono e sono convinti che da una risposta comunitaria, collettiva, riescono a trarre vantaggi maggiori rispetto a quelli che potrebbero trarre da un accostamento individuale alle risorse scarse che hanno a disposizione. Il concetto di autoaiuto come concetto base, dunque. Ma questo concetto è o non è alla base delle istituzioni autonomistiche?”.

Per rispondere a questi interrogativi, Andrea Leonardi ripercorre i passaggi salienti che hanno caratterizzato la storia del Trentino Alto Adige dall’inizio del secondo millennio quando la parte preponderante del territorio faceva parte del Principato Vescovile di Trento accanto al Principato Vescovile di Bressanone. “La gente che viveva in questi due territori a chi si rivolgeva per risolvere i propri problemi? Abbiamo un esempio, nelle carte di Regola, di come le singole comunità si autoalimentassero per affrontare in maniera positiva i problemi che assillavano la popolazione che viveva in un ambiente difficile come questo. Ciò che contava non era lo stato – il Principato oppure l’Impero -, ma erano le comunità che si sviluppavano autonomamente all’interno di questi stati”.

Altro passaggio ricordato da Leonardi è quello avvenuto nel XVIII secolo con Maria Teresa d’Austria, il periodo napoleonico e il successivo. Passaggi storici attraverso i quali, il prof. Leonardi ha raccontato l’evoluzione delle autonomie territoriali del Trentino Alto Adige e la capacità di autogoverno delle popolazioni dell’arco alpino. In chiusura, Leonardi ha detto che “se l’autonomia ha saputo crescere e raggiungere risultati importanti – che non hanno confronto con le altre autonomie speciali – è perché è stata costantemente alimentata da un solido capitale sociale. Ma attenzione, il capitale sociale non è dato una volta per tutte: o lo si alimenta o deperisce. La forza per alimentare il capitale sociale sta nella cultura. Certamente i cittadini devono fare uno sforzo importante ma altrettanto devono fare le persone che hanno nelle mani la gestione della nostra autonomia”.

Infine alcune domande dal pubblico: sul ruolo che potrebbe avere il Trentino Alto Adige nel dialogare con l’Europa, anche sul tema dei migranti; sulla differenza di reddito tra Trento e Bolzano, e la diversa capacità di creare sviluppo economico; sul ruolo della Regione, anche in relazione a quanto emerso nei lavori della Convenzione. 


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